fbpx

Bravi genitori: presenti si – pressanti no

Bravi genitori: presenti si – pressanti no

Liberamente ispirato a una storia vera.

PRESENTI ALLE MEDIE

Miki, mio nipote, è un ragazzo piuttosto introverso, che non ha un buon rapporto con lo studiare sui libri. Durante i tre anni alle medie fa il minimo indispensabile per strappare la promozione, anche grazie alla continua presenza dei bravi genitori, che non lo mollano un secondo, stando attenti all’andamento scolastico e pronti a stimolarlo per non perdersi troppo.

Il problema di questa presenza, assidua e direi positiva per i risultati scolastici, comporta però che al momento della scelta della scuola superiore, il “peso” delle opinioni dei bravi genitori è più rilevante di quello del ragazzo. È normale, soprattutto per ragazzi di quell’età, con approccio non molto risoluto, farsi trascinare, vuoi dagli amici nelle prime avventure o disavventure, vuoi da genitori molto presenti nelle scelte.

LA SCELTA POCO ORIENTATA

Miki sceglie lo scientifico e nei primi due anni è un calvario, sia per lui, sia per i suoi. Alla fine del secondo anno decidono all’unanimità che è meglio cambiare scuola, perché il livello di stress ha raggiunto livelli di guardia e rischia seriamente di mettere in discussione la serenità di rapporti tra il ragazzo e la famiglia. Scelgono un istituto tecnico commerciale, indirizzo sistemi informativi aziendali. Grazie a questa scelta, che lo proietta verso uno studio più applicato e pratico oltre che teorico, il ragazzo cambia marcia. Ne giova il profitto, ma soprattutto lo spirito e di conseguenza la motivazione, fattori che gli permettono di arrivare alla maturità senza troppi intoppi.

E DOPO IL DIPLOMA…MAMMA E PAPÀ, ANCORA!

Terminata l’avventura delle scuole superiori si ripropone la questione del “cosa vuoi fare da grande?”. Il ragazzo vorrebbe andare un anno in Inghilterra, per imparare l’inglese dice lui, per bighellonare a nostre spese, pensano i bravi genitori, che non cedono. Il progetto del famoso “anno di passaggio” fallisce e la famiglia si trova di nuovo in mezzo all’intricata giungla della decisione, intrappolata in un groviglio di pensieri, opinioni e stati d’animo differenti.

Alla fine dopo un paio di mesi la scelta ricade sul fare il barista, un compromesso classico quando l’orizzonte è coperto dalla nebbia dell’indecisione. La scelta pare orientata anche dal fatto che il padre sta pensando di lasciare il suo lavoro, poco soddisfacente, discontinuo a partita iva, per aprire un locale in centro a Bologna. Il lavoro in questione non dispiace al ragazzo che, magari spinto anche dalla voglia di lavorare in futuro nel locale del padre, comincia a distribuire curricula e ad offrirsi in vari bar. In poco tempo viene preso come apprendista in una nota pasticceria, il posto ideale dove fare la gavetta.

UNA REGOLA D’ORO

Il compromesso pare funzionare, ma come spesso accade dovendo mettere d’accordo opinioni e visioni così distanti, non si è tenuto conto di una regola orientativa fondamentale, di cui parliamo spesso nei nostri orienta-genitori: capire il profilo attitudinale, ovvero le peculiarità caratteriali e proiettarle nel ruolo professionale a cui si aspira.

Ne abbiamo parlato anche in questo articolo.

Per capire le sue caratteristiche vi faccio una breve descrizione di Miki: poco chiacchierone, introverso, non racconta mai ciò che gli succede e si tiene tutto dentro, ama infilare la testa nel cappuccio della felpa, ha pochi amici e ben selezionati. Il classico ragazzo un po’ cupo e taciturno che quando gli chiedi “come va”? Ti risponde sempre e solo con la stessa parola: “bene”.

E quando provi a rilanciare e gli chiedi “e che hai fatto di bello in questi giorni” lui ti risponde “niente di che” chiudendo ogni altro possibile spunto su cui avviare una conversazione, che palesemente non lo interessa.

Tenendo conto di questa breve descrizione lo vedreste bene in una professione a contatto col pubblico?

Vado nello specifico: tenendo conto di questo profilo attitudinale lo vedreste bene dietro al bancone di un bar, dove sorriso e chiacchiera sono un fattore determinante? No, ovviamente no.

L’ESITO SCONTATO DI UNA SCELTA SBAGLIATA

La pasticceria in questione è vicino a casa mia e quindi in quel periodo ci passo spesso per salutarlo. Il primo mese lo vedo piuttosto contento e sul pezzo, il fatto di aver trovato subito qualcuno che scommettesse su di lui, lo ha sicuramente gratificato e motivato. Col passare dei giorni, però, i responsabili del locale si rendono conto che il carattere introverso e schivo di Miki non è adatto a stare dietro al bancone e quindi lo relegano allo sgombero dei tavoli, alle pulizie delle vetrine e al rifornimento, insomma a tutte le mansioni possibili che non riguardino la relazione con i clienti. Dopo due mesi, il ragazzo mi dice che se ne vuole andare. Occupandomi di orientamento decido di prendere in mano la situazione e spiego a lui e ai bravi genitori che quello non è il suo mestiere, che non è adatto alla relazione con il pubblico. Riesco a convincere i bravi genitori che forse la loro assidua presenza nel percorso di scelte di Miki lo sta disorientando. Tagliato il cordone ombelicale mi dedico a lui, ad ascoltarlo e a cercare di individuare il suo punto di vista su sé stesso.

LA SOLUZIONE ARRIVA DOMANDANDO

Gli faccio tante, tantissime domande, rispondendo una parola alla volta ci vuole tanta pazienza, e capisco che tra le materie fatte a scuola l’informatica, la programmazione, è quella che più ha destato in lui interesse. Seguendo il suo profilo attitudinale me lo immagino bene lì da solo, zitto zitto , con il naso immerso in uno schermo a smanettare con tastiera e mouse. Quindi il ruolo professionale individuato è consonante con il suo profilo attitudinale.

Gli propongo di valutare un ITS, a Bologna c’è una delle fondazioni più grandi d’Italia, attiva proprio nell’ambito della tecnologia applicata all’industria manifatturiera. Si informa, partecipa ad un open day, gli piace e decide di fare la selezione, che passa brillantemente. Inizia così il percorso ITS MAKER di Bologna.

Gli piace, si diverte, si trova molto bene con i compagni e soprattutto viene seguito. Perché per lui, come per tutti i ragazzi come lui, ovvero poco determinati, è importante avere qualcuno che li accompagna e che li stimola. A farlo però, non è un genitore o un parente, anche io mi sono tirato fuori, ma una professionista, che di mestiere fa la tutor, un ruolo strategico, previsto nella didattica degli ITS.

COLPO DI SCENA

Tutto va benissimo, evviva…fatto salvo che alla fine del primo stage formativo dell’ITS MAKER, svolto presso la sede Emiliana di un’azienda multinazionale molto grande e rinomata, gli viene offerto di andare a lavorare subito per loro senza terminare il corso, in quanto necessitano di figure professionali come la sua. Il padre, entra a gamba tesa e lo spinge ad accettare, e insiste parecchio: “perché certe occasioni vanno prese al volo”, e “son tempi difficili” “è una grande azienda”… ma Miki non vuole, vuole finire il biennio di specializzazione. Dopo una settimana di discussioni, anche molto accese, la madre, memore di quello che era già successo, mi chiama e mi chiede “chi ha ragione dei due?” Io le dico di lasciar decidere al ragazzo, che è seguito da una tutor molto in gamba e competente e che tramite questo supporto è in grado di scegliere cosa è meglio per lui. Mi sforzo di non chiamarlo, di non intervenire. Per fortuna ha deciso di aspettare, ha finito il biennio e nonostante il lockdown ha trovato lavoro dopo pochi mesi. Adesso svolge una professione che a livello attitudinale è consonante con le sue peculiarità caratteriali, si è preso una casetta tutta sua e sta veramente molto bene.

E VISSERO TUTTI (FORSE) FELICI

La morale orientativa di questa storia è semplice: essere genitori molto presenti va bene, ma non troppo. Sin dalle scuole medie bisogna lasciare un margine di autonomia ai nostri figli, anche a costo di avere una pessima pagella o addirittura di perdere un anno. Perché la formazione dell’individuo non è solo composta dal rapporto nozioni-profitto scolastico, ma anche dalla capacità di decidere e di affrontare le conseguenze, positive e negative, delle proprie azioni. La presenza dei genitori accanto è sempre positiva, ma attenzione a non farla diventare un freno o, ancora peggio, a diventare il motore del disorientamento.

Quindi: presenti si – pressanti no.