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Orientare la generazione digitale

Orientare la generazione digitale

Tutto (e niente) a portata di dito

La possibilità di avere tutto a portata di dito, in ogni luogo e ad ogni ora del giorno e della notte, ha modificato la mentalità del cliente finale. 

Lui adesso vuole tutto, subito e soprattutto “come voglio io”. E per di più nessuno può sapere come sarà tra qualche anno, volubilità questa che vale per tutti, anche per chi comanda il mercato. 

UN MERCATO VOLUBILE

Prendiamo per esempio il mitico IPhone. Fino al 2013 la Apple presentava un singolo modello nuovo ogni anno, infatti a partire dal 2007 sono usciti 6 modelli in sei anni. Negli ultimi 4 anni, però, sono arrivati ben 12 modelli diversi; uno, il 5C, addirittura costava un pochino meno e aveva 5 colorazioni differenti: bianco, giallo, verde lime, azzurro e rosa. Anche dei giganti come loro si sono dovuti adattare alla liquidità del mercato.

Chi si limita a produrre, senza uno sguardo rivolto a queste evoluzioni, avrà poche possibilità di crescere e fare business, restando così in balia delle onde, a rischio di annegare nel mercato liquido. 

Ecco perché le aziende oggi sono chiamate a fare quello che hanno poi sempre fatto, evolversi seguendo le indicazioni del mercato, a loro volta dettate dalle richieste del cliente finale. E oggi i clienti chiedono prodotti su misura a prezzi accessibili che per l’industria si traducono in una produzione di massa… che sia al tempo stesso molto flessibile. L’esatto opposto della prima rivoluzione industriale. 

UNA NUOVA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

L’Industry 4.0 è un approccio produttivo anti-fragile che prepara l’oggi, che conosciamo, ad affrontare il domani, che invece non possiamo conoscere. 

Qualcuno guarda a questa quarta rivoluzione con perplessità e ritrosia. E gli operai? E i magazzinieri? E le segretarie? Proviamo dunque a capire.

Quando arrivò la rivoluzione dell’energia a vapore non vi erano gli stessi dubbi? Ci fu addirittura un movimento di protesta, quello dei Luddisti, che incitava alla distruzione delle nuove macchine.  “Le campagne si svuoteranno!!! E noi che faremo?” Farete una cosa diversa, dov’è il problema?

Il problema ovviamente è essere preparati a farlo.

Nel dopoguerra, infatti, le campagne si svuotarono non solo per una “reazione”, le macchine agricole sostituiscono la manodopera umana e quindi dobbiamo andarcene altrove, ma anche per una decisione attiva della popolazione delle campagne: i contadini si resero conto che lavorando nelle fabbriche avrebbero fatto meno fatica che nei campi e avrebbero guadagnato di più. 

Le rivoluzioni industriali sono sempre state discusse e contestate, ma la storia ci insegna a valutare un progresso anche per i suoi effetti. L’avvento delle macchine agricole fornì alle popolazioni la possibilità di costruirsi delle scorte di cibo, necessarie per il sostentamento se fosse arrivata una carestia, una siccità, un’invasione di cavallette… un cigno nero, insomma. La crescita della produzione agricola aumentò i commerci, gli scambi anche con paesi lontani e creò anche un ponte, che permise alle popolazioni di conoscere nuove materie prime, nuove pietanze, nuove medicine, nuovi tessuti. Nuove possibilità, insomma, sia per chi produceva sia per chi consumava. Ogni cambiamento porta con sé una catena di effetti che automaticamente modificano ciò che conoscevamo, aprendo nuove possibilità

Insomma, come è sempre stato nella storia, anche questa rivoluzione industriale porterà una serie di cambiamenti culturali e sociali che non possiamo far finta di non vedere!

E NOI?

Uno dei miti da sfatare è che ci saranno meno possibilità occupazionali. Gli ultimi vent’anni ci dicono esattamente il contrario: il 50% delle professioni attualmente svolte nel 1998 non esisteva. E così anche da oggi in avanti: le professioni non saranno meno, saranno semplicemente altre, diverse. E diverso dovrà essere anche il modo di formare gli studenti. Serviranno qualità, nella forma di un’alta specializzazione fatta di competenze tecnologiche, e un approccio alla didattica che unisca il mondo della scuola con quello delle aziende.

Questo rapporto più stretto con le aziende servirà anche per indirizzare i ragazzi in quella che sarà la scelta più significativa: ormai la decisione di frequentare una scuola superiore piuttosto che un’altra non è più segnante come poteva essere quando l’hanno presa i genitori di oggi. Fino a non tanto tempo fa c’era anche una forte componente “sociale” legata al tipo di scuola che si sarebbe frequentata, tra il liceo e il professionale per esempio. Oggi per fortuna non è più così, e i ragazzi sono più liberi di scegliere in base alle proprie inclinazioni, perché la vera scelta avviene dopo, anche per la velocità con cui il mondo digitale si evolve. Quello che è vero e attuale quando scegliamo le scuole superiori potrebbe non esistere nemmeno più quando ne usciremo.

L’unica certezza è che sarà fondamentale tenersi costantemente aggiornati. 

Andiamo a vedere cosa ci dicono gli esperti.

Marco Taisch, docente del Politecnico di Milano in un’intervista rilasciata in occasione del World Manufacturing Forum (WMF) del 2019 rileva che “il secondo passo che devono fare la aziende (il primo è stato l’investimento nella tecnologia, n.d.r.) è investire nella formazione dei propri lavoratori” e per quanto riguarda il ruolo dei lavoratori in questo processo osserva come essi “siano abituati a ‘subire’ la formazione, considerandola qualcosa di dovuto inserito nel contratto. A questo punto il lavoratore deve invece prendersi la responsabilità di essere formato, assumere un atteggiamento proattivo e ricercare attivamente la formazione, per sé e per l’impresa. Anche perché un lavoratore formato è meno soggetto all’obsolescenza, ha più possibilità di ricollocarsi sul mercato del lavoro” .

L’IMPORTANZA DELLA LEARNABILITY

Come si potrebbe declinare questa proattività in termini di skills da acquisire? Ancora in occasione del World Manufacturing Forum nel 2019, nel report dal titolo “Skills for the future of manufacturing”, fra le 10 skills che si renderanno indispensabili nell’industria manifatturiera ne troviamo varie (Risoluzione creativa dei problemi, Mentalità interculturale e interdisciplinare, Capacità di gestire una crescente complessità fatta di numerosi requisiti e compiti simultanei e soprattutto Apertura mentale verso il cambiamento costante e capacità di trasformazione)  che mi sembra possono tutte insieme tradursi in un’unica parola: “learnability”.

Letteralmente “apprendibilità” – in italiano suona decisamente strano, ma rende comunque l’idea –  la learnability indica la capacità di imparare nuove competenze e abilità, anche non strettamente connesse alla mansione ricoperta in quel momento, e di applicarle in modo efficace al proprio lavoro,  così da rimanere costantemente aggiornati.

Nel futuro digitale sarà imperativo che anche i percorsi dopo il diploma si strutturino intorno a questa skill e quindi si aggiornino regolarmente, andando a formare i propri studenti alle nuove professioni e soprattutto alla nuova mentalità necessaria a farle prosperare. 

TANTE OPPORTUNITÀ

Specializzazione, aggiornamento continuo e tecnologia, questo è il domani!

Non solo si saluterà per sempre il concetto di una mansione che si ripete uguale giorno dopo giorno per anni, ma sarà anche nel potere dell’individuo forgiare il proprio percorso, mandarlo in una direzione piuttosto che in un’altra. E un mondo in cui non solo mi è permesso farlo, ma dove sono incentivato a farlo è decisamente un mondo molto interessante da abitare.

E adesso tocca a voi, voi avete il potere di andare incontro al mondo digitale,
dove il “potrei” diventa il “posso”
In questo mondo liquido potete galleggiare o decidere di navigare
potete scegliere se restare impigliati nella rete oppure usarla per pescare