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Quali competenze servono per il futuro? Seconda parte

Quali competenze servono per il futuro? Seconda parte

 

Riprendiamo l’articolo precedente…se non lo avete letto, lo trovate a questo link.

ALLENARSI PER QUANDO SIAMO IN AZIONE

  • Pensiero critico: Quando stiamo facendo qualcosa dobbiamo allenare il nostro cervello al pensiero critico. Sapersi valutare in maniera critica ci permette sia di creare soluzioni diverse quando, quello che stiamo facendo non funziona, sia di gestire meglio eventuali imprevisti se, invece sta funzionando.
  • Creatività: non parlo della fantasia, che è quella che usiamo nei sogni, dove io posso fare ed essere quello che voglio. E neanche l’immaginazione, che è il vedere qualcosa che non esiste. La creatività è la capacità di inventare qualcosa unendo elementi già esistenti. È differente dalla fantasia e dall’immaginazione in particolare per la sua applicazione pratica. La creatività è una tecnica, la fantasia e l’immaginazione sono un talento. La creatività è il motore del problem solving, di quella capacità che ognuno di noi ha di risolvere i problemi. La creatività ce l’abbiamo tutti. In questo contesto tecnologico dove tutto cambia veloce la creatività è una competenza indispensabile per riuscire a stare al passo con i tempi e soddisfare i clienti.

 

ALLENARSI PER LAVORARE CON GLI ALTRI

Il manuale del bravo collaboratore dice che: per lavorare bene in team bisogna saper coordinarsi con gli altri, condividere responsabilità e compiti, cercando di valorizzare le migliori capacità di ogni componente del team. Facile vero? Ma nella pratica cosa vuol dire, cosa devo fare per riuscire ad essere un valore aggiunto nella mia squadra??? Vediamo quali sono le competenze che servono per lavorare bene con gli altri:

  • Empatia – ovvero provare a mettersi nei panni dell’altra persona. Cercare di capire perché e come agisce. Guardare una questione o una situazione dal suo punto di vista ci permette di creare una sintonia.
  • Comunicare – La prima regola della comunicazione è: accertarsi che chi mi ascolta, chi legge un mio messaggio o una mia mail, sia in grado di comprendere. Per farlo devo usare termini e riferimenti che sono sicuro egli conosca. Assodato questo, in azienda sono due le azioni da tenere presente:
    • In un gruppo di lavoro bisogna preoccuparsi di informare gli altri su quello stiamo facendo. Aggiornare gli altri comporta il fare meno fatica a tutti. Si sbaglia meno ottenendo un risultato più sicuro in meno tempo. Il tempo che occupate ad aggiornare è ben speso, perché in realtà riparare ad un errore comporta più tempo, più energia e può provocare malumori nel gruppo.
    • Due: bisogna presentare le proprie idee senza l’aspettativa o il timore che siano accettate o meno, ma solo spinti dal desiderio di contribuire a fare meglio possibile. Da una mia idea totalmente folle e irrealizzabile potrebbe nascere uno spunto che poi risulta determinante.

20 ottobre 1968, Giochi Olimpici di Città del Messico: dopo anni di salti a forbice, da fermo e ventrali, Dick Fosbury rivoluziona il salto in alto con il suo stile completamente diverso, saltando di schiena. Viene visto come qualcosa di bizzarro inizialmente ma quando vince la medaglia d’oro, tutti iniziano a rendersi conto dell’efficacia del suo “Fosbury flop” che diventerà la tecnica usata ancora oggi per superare l’asticella.

Quindi proporre le proprie idee senza la presunzione che debbano essere accettate in toto.
  • Dare feedback – Far conoscere ai nostri compagni di squadra, i colleghi, la nostra opinione se qualcosa non ci è piaciuto, è un bene. Non lo dobbiamo fare per accusarlo di qualcosa o per giudicarlo in maniera definitiva. Molte persone non gradiscono le critiche, lo so, ma c’è un modo per renderle sempre costruttive e per far sì che chi le riceve non le percepisca come critiche, ma come feedback. Il trucco è semplice, nel parlare dobbiamo mettere come “soggetto” delle frasi l’azione o l’errore fatto, non la persona che lo ha fatto. Così non si sentirà il “soggetto” delle critiche e la prenderà come possibilità di miglioramento. Facciamo un esempio di due modi di dire la stessa cosa: se un mio compagno di squadra, a Basket, durante la partita, tira 5 volte da tre punti prendendo sempre il ferro, cosa posso fare per dare un feedback costruttivo che non lo faccia risentire? Magari invece di dirgli “sei un egoista!”,  in quella situazione posso fare una scelta migliore e dirgli: “il prossimo allenamento rimaniamo insieme per migliorare i tiri da tre punti… e fino a che non hai aumentato la percentuale realizzativa prova a pensare a qualche altro modo per fare canestro in partita, così facciamo più punti… che ne pensi?” Vedete come il soggetto della critica si sposti dalla persona all’azione che quella persona ha fatto. Inoltre vi proponete come supporto per il suo miglioramento e gli fate capire che ha una responsabilità verso gli altri compagni.

 

Attenzione il feedback non è solo negativo!!!

Soprattutto se qualcosa che hanno fatto o detto ci è piaciuto, dobbiamo dirlo. Il feedback positivo è una potentissima arma di unione di massa. Non potete immaginare quanta forza dia un complimento, pensate anche a voi, vi fa piacere quando fate bene qualcosa che vi venga riconosciuto, no?  Quindi non siate tirchi di complimenti e di grazie. Spendeteli!!!

 

ATTENZIONE!

Non tutti possono fare tutto. Un bravo giocatore non è detto che possa diventare un grande allenatore. Gennaro Gattuso, mediano di grande volontà e scarsa tecnica, adesso fa l’allenatore. Spesso evidenzia come sia cambiato il suo modo di vivere e prepararsi alle partite. Evidenzia la differenza tra l’essere giocatore, ovvero quello che mette in pratica, e l’essere allenatore, ovvero quello che prepara le strategie e piani di sviluppo di un incontro, nel suo caso una partita, in azienda un progetto aziendale.

Cercare di capire come siamo fatti è il primo passo per progettare il proprio futuro.
Riconoscere le proprie caratteristiche e quale sia la funzione più appropriata per agirle al meglio è un ottimo modo di essere felici.